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martedì 9 marzo 2021

IL MIGLIOR TEMPO CHE FU



Ricopio qui per intero un commento che ho trovato su Quora. La domanda "Esiste ancora il corteggiamento di una volta ? Oggi l'uomo non corteggia più?" era stata posta da Alessandra Cordeddu il 28 gennaio 2021. La discussione ha virato velocemente sul confronto tra il mondo di oggi e il mondo di ieri. Tra le varie opinioni ho trovato un commento veramente completo e illuminante che desidero copiare qui per intero. L'autore si firma Robby Shima e ha pubblicato il commento il 27 febbraio; il commento che cita e a cui sta rispondendo è stato scritto da Alessandra Pulga il 23 febbraio. Non sono riuscita a risalire all'età di queste persone, comunque la ragazza afferma di avere vent'anni.



IL MIGLIOR TEMPO CHE FU





«Non funzionava perfettamente il mondo di “prima”: perfino oggi si riscontrano in Italia (perché ogni Paese aveva la sua versione di questa vecchia mentalità e quella italiana era abbastanza specifica) dei comportamenti deleteri dalle radici antiche. Ragazzi galletti e ragazze gattemorte se ne trovano ancora, e credo proprio che derivino dal peggio di quella concezione lì — in passato c’erano anche, e relativamente frequenti, bellissime storie d’amore che derivavano invece dal meglio della stessa concezione, cose che appunto oggi sono mica altrettanto comuni.

Il punto è che non è una scelta binaria.

Lo “ieri” andava maluccio, ma è un confronto molto utile per notare come oggi le cose vadano invece in maniera catastrofica. L’accusa principale che si può fare all’”oggi” è che si spacciano (peggio: si indottrinano in ambienti molto più autoritari e bigotti di quanto si creda — la scuola, l’intrattenimento, la propaganda politica) comportamenti edonistici per soluzioni, e si finisce con il non notare né i problemi veri, né come queste false soluzioni, a dosi esagerate, diventino parte del problema.

Le generazioni attuali sono le prime da molto tempo, in Europa, a trovarsi davanti la prospettiva di qualità di vita peggiori rispetto ai loro predecessori, e la degenerazione dei costumi sessuali non ne è certo la causa diretta… ma è il panem et circenses del caso. Ciò dovrebbe essere come minimo esaminato in parallelo all’infantilizzazione del cittadino adulto nell’Europa moderna che, in più ambiti, si può riscontrare; l’ampliamento dei piaceri effimeri, se si accompagna ad un peggioramento delle prospettive di vita, non può promettere bene.

Capisco che tu possa sentirti stufa del “pessimismo” che dici di sentire, potrei dire in realtà che empatizzo molto con questo sentimento. Nascere in un mondo di cui i “vecchi” parlano male senza offrire soluzioni applicabili è frustrante. Ma resta il fatto che questo mondo attuale merita molte più accuse di quanto non ne riceva. I “liberati” di oggi hanno tassi di disagi psicologici ben più alti dei “repressi” di una volta, e la colpa non è della “liberazione sessuale” in sé — ma di quelle abitudini incivili per cui ci viene spacciata questa “liberazione” come cura, e di cui invece essa è solo un pericoloso analgesico.

Un altro problema: dici bene che


penso anche che accettare retaggi culturali arcaici, senza porci domande sulla loro utilità oggi, sia un errore tanto quanto esagerare nel loro opposto.

ma il problema è proprio che oggi non ci si chiede cosa avessero di utile quei retaggi culturali. E non mi riferisco allo stereotipo “si faceva perché lo diceva il prete”, questo sarebbe un modo pigro di liquidare la faccenda. Oggi non ci si chiede quale fosse il vantaggio evoluzionistico di comportamenti responsabilizzanti — ma non necessariamente autopunitivi o ipocriti! — che non sono nati cent’anni fa, ma esistono come minimo da quando (migliaia di anni) fa il modello familiare monogamo e “purista” portato dagli Indoeuropei si dimostrò di gran lunga più efficiente, e soppiantò, il mondo più “sbracato” ed egalitario che gli storici ritengono esistesse in Europa prima di allora.

Qualcuno ha detto che le tradizioni sono soluzioni a problemi dimenticati. Ora, i problemi possono venir dimenticati per due ragioni: perché scompaiono da soli, oppure perché la soluzione era davvero tanto azzeccata da tenere a bada il problema al punto che si è finito per dimenticarne l’esistenza. Dunque le tradizioni le si butta via a rischio di veder riemergere problemi dimenticati, e dover inventare la ruota daccapo. E perché? Perché è divertente mettere il coso nella cosa…? Dovremmo pretendere risposte un po’ più serie di così…

I Classici potevano essere bacchettoni, eccome; con meno ipocrisie dei cristiani, su questo mi trovi d’accordo, ma ad un determinato modo di comportarsi ci tenevano comunque davvero tanto. Non ricordavo la storia del Campo Marzio ma Catone è colui che radiò a vita un senatore dal Senato perché era stato visto baciare la moglie in pubblico (il senatore gli chiese perché e Catone rispose, irremovibile ma ironico: “Mia moglie mi abbraccia solo in casa, e solo quando fuori ci sono i fulmini! E Giove sa se non gli sono grato, quando li manda…”), comportamento inaccettabilmente “pubblico”; ma lo stesso Catone fece i complimenti ad un ragazzo che vedeva andare al bordello (“Perché così non insidia le brave ragazze.” Salvo criticarlo quando lo rivide fare la stessa strada: “Ti ho lodato perché ci vai, mica perché ci abiti!”). Esisteva una logica che chiamare ipocrita vorrebbe dire non conoscerne i fini: il sesso non era visto come un male di per sé; ma era pur sempre una componente potentissima della psiche umana che andava imbrigliata e incanalata per il bene comune.

A pensarci bene, Catone è un esempio fantastico: lui è lo stesso che “prestò” la moglie ad un amico perché ci facesse figli. Ma i Romani avevano problemi gravissimi di denatalità, problemi quasi gravi quanto i nostri, dunque tutto si sottometteva al problema demografico (erano tempi in cui la mortalità durante il parto era troppo comune, anche per questo si glorificava il sesso fertile…). Ecco, loro avevano idee chiarissime del perché dei loro “retaggi culturali”, in questo e in altri argomenti affini (non è peraltro una coincidenza che tutte le civiltà funzionanti aborriscano o perlomeno mettano limiti al sesso sterile ed esaltino quello fertile: di nuovo, nel passato ci si faceva molte più domande sul senso di queste cose che non nel ‘68 e nel post-‘68, quando si è preferito diventare “moralmente agnostici” pur di togliersi qualche prurito).

Ad ogni modo, volevo risponderti in maniera concisa e non ci sono riuscito; te ne chiedo scusa. Termino aggiungendo un pensiero che ritengo importante.

Il pericolo davvero mortale legato alla “spudoratezza” di cui parla il signor Carretta nella risposta originale riguarda due conseguenze comunitarie: la spirale della incontinenza emotiva e l’abitudine all’escapismo edonistico.

L’incontinenza emotiva è estremamente pericolosa sul lungo termine perché spettacolarizza comportamenti deleteri a danno di comportamenti efficaci. È un discorso complesso che tralascio qui (ma se ti interessa, ti consiglio 
questo articolo d’opinione) perché mi interessa il secondo.

L’escapismo edonistico è invece cosa ben più grave, soprattutto a livello sociale: perché non è la soluzione né la ricerca di soluzione, bensì la ricerca di analgesici che non solo non funzioneranno (a lungo termine) ma distraggono dalla ricerca, appunto, di soluzioni.

In un’intervista in cui gli si chiedeva di spiegare il ruolo preminente delle droghe nel suo romanzo distopico (Il mondo nuovo), Aldous Huxley rispose che il loro ruolo era semplice ma indispensabile: “Rendono sopportabili delle condizioni di vita che, francamente, non dovrebbero essere sopportate”.

Peggio ancora in un mondo che non è quello iperregolato del suo romanzo, ma il mondo di rapidissimi cambiamenti sociali e culturali in cui viviamo (troppo rapidi perché l’abitudine abbia “comportamenti testati” da offrirci, per il momento): il povero atomo, che non conoscerà mai né ha gli strumenti per costruirsi né si accorge di non conoscere libertà che i suoi nonni, bisnonni e antenati davano per scontate, si aggrappa ai facilitatori della sua schiavitù (= l’edonismo, l’escapismo, le identità sessuali erette a baluardo polemico contro il resto della sua società ecc.) come se fossero la sua unica ancora di salvezza. E lo sono, se vogliamo chiamare “salvezza” la non coscienza delle sue catene; non lo sono, se con quel termine vogliamo definire la sua uscita dal suo stato di asservimento.

L’ipersessualizzazione è, d’altronde, uno degli ingredienti principali di quella “fogna comportamentale” descritta e analizzata dal Prof. John Calhoun nel suo famoso esperimento della cosiddetta Rat Utopia. Se hai piacere (e tempo), ti consiglio caldamente questo bel documentario. Personalmente l’ho trovato molto più interessante dei soliti confronti con immagini (falsate) di Greci e Romani degenerati:
https://youtu.be/NgGLFozNM2o »