Ieri ho visitato il mio primo museo negli States, The Eldridge Street Syngogue Museum (il Museo della sinagoga di Eldridge Street). È stata anche la prima volta che sono entrata in una sinagoga in vita mia, ed è stata un’esperienza many evocative, molto suggestiva. Non si può rimanere indifferenti davanti all’arca, l’armadio dei testi sacri; un’arca piccola, un armadio appunto, ma l’eco di ben altra Arca, e di un’unica Alleanza che ci prende tutti in un modo che non capiamo. Voi direte che noi abbiamo di meglio, il Tabernacolo, che custodisce la Parola di Dio Vivente; ma allora l’altra Parola di Dio era morta? Era la stessa, è sempre stata la stessa, solo che loro non lo sanno. L’Arca e tutte le arche custodivano Dio prima che si incarnasse, un Dio per noi, a portata di mano; come il Santissimo, appunto. Nella sinagoga di legno mi sembrava di vedere Gesù e i Giudei, gli insegnamenti e le loro infinite dispute. Penso che Gesù abbia amato profondamente le sinagoghe, e le profonde delusioni che ne ha ricevuto non possono certamente aver diminuito il suo amore (se no noi con le nostre parrocchie staremmo freschi).
La sinagoga è in piena Chinatown, perché in questo quartiere, il Lower East Side, un tempo vivevano gli ebrei russi immigrati. Mi hanno dato la guida in italiano; la sinagoga era caduta completamente in rovina, poi è stata restaurata e trasformata in museo. Ma anche nei decenni dell’abbandono, una congregazione di ortodossi non ha mai perso un sabato di preghiera, e tuttora continuano a vedersi lì. La sinagoga (credo la prima in questa parte di mondo) doveva essere un’oasi di pace e di spiritualità in un quartiere che, lo posso testimoniare, è affollato, rumoroso e afoso, e dove le famiglie degli immigrati vivevano in 10-12 persone in appartamenti grandi quanto il vestibolo del luogo sacro. Io stessa sono entrata per sfuggire a quella bolgia. È veramente curioso un particolare: le panche hanno ai lati un foro a forma di trifoglio, simbolo della Trinità; i costruttori della sinagoga probabilmente le avevano comprate da un fornitore per chiese, e non sapevano che quel foro avesse un significato. Ogni posto era numerato e a pagamento (e su questo non si può fare alcun commento!).
Ho visitato Chinatown ieri e oggi, anche se, avendo meno tempo a disposizione, ritengo che se ne possa anche fare a meno. La particolarità di New York sono i quartieri della Midtown e dell’Uptown, con i grattacieli, i viali immensi, i negozi sterminati. Posti come Chinatown, Brooklyn, Soho, sono quartieri grandi come città dove non c’è niente di diverso dalle nostri città, con le strade strette, i palazzi non molto alti, i negozietti. Diversi da noi, certamente, ma non tanto interessanti da andare dall’altra parte del mondo per vederli. Qui da McDonald’s non viene voglia di mettersi davanti alla vetrata per guardare fuori, e qua dentro sono l’unica col computer, a differenza dei locali del centro. Per strada tutte le persone sono vestite normalmente, direi neanche un granché, mentre al centro sono tutti vestiti bene perché sono impiegati di alto livello, compreso i commessi dei negozi-città, che indossano tutti indistintamente una divisa nera, maschi e femmine. Sulla guida è segnato come luogo molto caratteristico l’Essex Street Market al 120 di Essex Street, un mero mercato coperto come ce ne sono decine a Roma: molto utile per chi deve andare a fare la spesa, interesse turistico zero.


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